In questi anni la scuola si è occupata molto di disturbi specifici dell’apprendimento, ma attualmente sembra impreparata di fronte alle nuove problematiche adolescenziali dei giorni nostri.
Le difficoltà che gli adolescenti oggi incontrano sono molto differenti rispetto al passato, e di conseguenza anche i sintomi e le patologie che emergono sono relativamente nuove.
Nei Servizi Sanitari sono cresciute esponenzialmente le prese in carico di adolescenti con problemi importanti: Disturbo Alimentare (Anoressia), Ritiro Sociale, Autolesionismo (tagli sulle braccia), Tentato suicidio.
Non ho assolutamente intenzione di allarmarvi dicendo questo, infatti esiste una grande fetta di adolescenti che non viene toccata da queste problematiche, però la maggioranza degli adolescenti che finiscono all’attenzione del Servizio Sanitario Nazionale presentano questi sintomi.
In queste situazioni ovviamente anche la famiglia porta una forte sofferenza, e spesso i genitori necessitano essi stessi di un aiuto e di un sostegno parallelo a quello che si offre al figlio o alla figlia.
Questi ragazzi e ragazze molto spesso mostrano i primi segni della loro difficoltà proprio all’interno dell’edificio scolastico facendo fatica a frequentare, avendo problematiche relazionali con i pari e/o con gli insegnanti, evidenziando una particolare sensibilità di fronte ad un fallimento scolastico o relazionale, e nei casi più gravi non presentandosi proprio più a scuola.
Con questi adolescenti non è necessario, anzi è controproducente un atteggiamento normativo per obbligarli a frequentare la scuola. Bisogna invece leggere la loro difficoltà non come svogliatezza o pigrizia, ma come una sofferenza reale soprattutto per il peso del confronto con i propri compagni di scuola.
E’ perciò molto importante un atteggiamento contenitivo e rassicurante affinché questi ragazzi sentano che il loro stare male è ascoltato e compreso dall’adulto competente, e non frainteso o sottovalutato come purtroppo spesso i genitori di questi ragazzi fanno.
La parte più difficile è senza dubbio quella del riuscire a riprendere una frequenza scolastica “normale” e riuscire a reintegrarsi all’interno di un gruppo classe senza sentirsi esclusi, inferiori, incapaci o inadeguati.
Il percorso di ripresa purtroppo spesso può essere lungo e prevede un riprendere i contatti con la scuola, i compagni e la didattica in modo molto graduale, magari partendo da lezioni individualizzate col proprio insegnante di sostegno qualche ora alla settimana.
Parlo di insegnante di sostegno perché molti di questi adolescenti ne hanno diritto, pur non essendo diversamente abili, poiché attraversano momentaneamente un periodo di “disabilità” in cui non riescono più a essere autonomi e non riescono a rispettare le tappe evolutive a causa della loro sofferenza interna e del loro sintomo esterno.
E’ proprio in questo percorso di ripresa scolastica che l’istituzione scuola evidenzia delle difficoltà di risposta adeguata, e talvolta mostra anche una certa rigidità di fronte a situazioni che al contrario necessiterebbero di grande flessibilità per venire incontro alle difficoltà dell’adolescente.
Questi ragazzi necessitano di un percorso ad hoc che gli permetta un rientro molto graduale nel mondo della scuola, rispettando i loro tempi e la loro tolleranza a una frequentazione più o meno assidua della classe o della scuola stessa.
In linea di massima i percorsi di rientro scolastico dovrebbero prevedere un primo periodo di lezioni individualizzate per alcune ore la settimana, per poi gradualmente nel tempo passare ad aumentare le ore di frequenza a scuola e le ore di presenza in classe con tutti i compagni, fino ad arrivare ad un regime normale.
Tutto questo andrebbe messo in atto accettando anche il fatto che si tratta di percorsi non privi di intoppi, ricadute e regressioni, perciò vanno modellati nel tempo prestando costantemente ascolto alla situazione del ragazzo, mettendo in conto che l’andatura sarà una sorta di passo del gambero, due passi in avanti e uno indietro.
Tutto questo complesso dispositivo, necessario affinché questi adolescenti riescano a rimettersi in pari con i propri compagni di classe e con le tappe evolutive, richiede sicuramente una grande disponibilità e comprensione da parte dell’istituzione scolastica.
Nella mia personale esperienza sul territorio torinese alcune Scuole si sono rese disponibili a creare dei percorsi scolastici e didattici ad hoc, altre Scuole invece si sono mostrate più rigide e i progetti di rientro scolastico sono naufragati in breve tempo.
Detto questo, penso sia indispensabile riuscire prima di tutto a informare e sensibilizzare la scuola e gli insegnanti relativamente ai nuovi sintomi adolescenziali che ci troviamo di fronte e al loro significato, affinché ci possa essere una maggiore comprensione di che cosa significhi quella determinata sofferenza senza confonderla con qualcos’altro.
In secondo luogo credo che la Scuola, al netto di tutte le difficoltà e le burrasche che sta attraversando, riesca comunque a modificarsi e rendersi più flessibile e disponibile a pensare e concordare con i Servizi (Servizio Sanitario e Sociale) dei percorsi individualizzati per questi “nuovi” adolescenti con dei “nuovi” sintomi, senza trincearsi dietro ad una struttura rigida e normativa, che è comunque necessaria per la crescita dei ragazzi.
Se non avverrà questo, si rischierà seriamente di impedire una ripresa evolutiva, scolastica, didattica e relazionale a questi adolescenti sofferenti, i quali di fronte a delle richieste scolastiche per loro eccessive e ad una certa rigidità sicuramente non faranno altro che rimanere nel loro guscio senza possibilità di crescita.