L’adolescente ha il compito di integrare la propria identità con le significative trasformazioni del corpo, e la dimensione sociale entra a far parte dell’identità, della realizzazione del sé.
L’adolescente in qualche modo possiamo dire che rappresenta la sofferenza della società postmoderna, la quale sembra essere caratterizzata da:
- benessere individualista a discapito della dimensione collettiva
- ipermaterialismo e consumismo
- la liberazione dai bisogni materiali
- l’estrema libertà
- l’eclissi dei sistemi autoritari
- l’abbattimento delle barriere generazionali e sessuali
La nostra società inoltre rinforza alcuni tratti di personalità alla base delle cosiddette patologie civili:
- onnipotenza e individualismo
- appiattimento gregario al gruppo e conformismo
- comportamenti narcisistici ed esibizionistici
- la ricerca di status simbol
- solitudine
L’abdicazione al compito più importante degli adulti nei confronti delle nuove generazioni, ovvero indicare il limite, ha prodotto uno specifico danno sociale. Ogni generazione è chiusa in sé stessa e ha difficoltà a usufruire dell’esperienza dell’altra, infatti l’attuale generazione è la prima alla quale viene chiesto di crescere da sola, di crescere sganciata dal sistema culturale e valoriale di appartenenza.
Gli adulti hanno disinvestito la funzione genitoriale di educare, hanno delegato il compito della trasmissione culturale di norme e valori alle tradizionali agenzie educative, facendole sprofondate in una crisi di identità dominata dalla frustrazione e affidando loro una missione impossibile:
- sostituirli nella relazione con i figli per trasmettere il sistema di valori di appartenenza
Il mondo adolescenziale risponde a tutto questo con un profondo disinteresse per tutto ciò che provenga dal mondo culturale, producendo giovani adulti che affollano le abitazioni dei genitori e che rimandano sempre di più la costruzione del Sé adulto, la quale viene magicamente delegata a qualcun altro o all’azione.
All’interno di questo scenario il gruppo facilita il passaggio interiore dall’infanzia all’età adulta, dalla famiglia alla società, dall’io al noi. Il tentativo di superamento della dipendenza psichica dagli adulti è legato all’instaurarsi di nuovi legami nell’ambito del gruppo dei pari.
Il gruppo adolescenziale fonda un proprio linguaggio e propri valori orientando dall’interno atteggiamenti e comportamenti del singolo. L’adolescente, per tollerare l’instabilità emozionale, si rivolge al gruppo dei pari dove può proiettare parti di sé sui vari componenti.
L’esperienza del gruppo riattiva i conflitti familiari, e quindi rappresenta uno snodo fondamentale per separarsi dal nucleo familiare. Il gruppo rappresenta la migliore palestra per uscire da sé stesso e dal proprio mondo autoreferenziale, e aprirsi alla dimensione sociale e collettiva; rappresenta una preziosa occasione per non restare solo di fronte ai difficili compiti evolutivi.
Il gioco gruppale ha un esito paradossale:
- tradire il gruppo per trovare se stessi
Il gruppo sano (famiglia e pari) è organizzato per la propria estinzione, a favore del processo di soggettivazione:
- Il gruppo rappresenta il miglior contenitore delle diverse parti del Sé
- Il gruppo è capace di attivare esperienze non realizzabili in solitudine
- Il gruppo garantisce l’azione di riflessione e rispecchiamento sul proprio Sé, alla base del processo di soggettivazione
- Il gruppo è un organizzatore psichico
Il branco invece rappresenta quella variante della vita del gruppo adolescenziale che si presta al passaggio degli impulsi violenti dallo stato di fantasia a quello dei comportamenti agiti.
Il gruppo-classe prepotente per esempio attacca con i suoi comportamenti di bullismo il funzionamento scolastico e il processo di apprendimento. Le istituzioni educative che non contrastano tali patologie del gruppo sono destinate a fallire il loro mandato e a condividerne la patologia del funzionamento gruppale.
Un’aggregazione a sé stante rispetto all’intera società, con proprie leggi tra le quali la principale è quella dell’appartenenza, cioè il riconoscersi come della stessa “razza” e il condividere tutto.
Il branco è un gruppo:
- Coatto perché è fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo assolvendo degli obblighi sociali (visibilità, prestigio, controllo del territorio)
- Spontaneo perché si forma su una spinta autoriferita di un piccolo gruppo
- Passionale perché accomunato dal comune interesse di affermazione sociale, di difesa dall’ambiente esterno e di protezione della stima di sé
Normalmente minori sono le risorse a disposizione o più difficile è l’accesso alle risorse comuni, come negli ambienti svantaggiati da un punto di vista socio-ambientale o familiare, maggiore è la spinta ad aggregarsi in branchi per raggiungere e controllare le risorse necessarie alla loro affermazione sociale.
Gli aspetti conformistici proteggono dalla confusione esistenziale, dalla paura e dalla frustrazione accumulata. Il comportamento antisociale e violento è un atto contro un sistema ritenuto opprimente e indifferente alle loro richieste, e che li emargina dalle risorse della società.
I fattori di rischio sono presenti in più ambiti:
- il basso livello di integrazione
- la povertà
- l’assenza dei genitori biologici
- attaccamento non adeguato
- scarso controllo
- le basse aspettative di successo scolastico
- il basso impegno scolastico
- lo scarso attaccamento agli insegnanti
- la bassa autostima
- i sintomi depressivi
- i numerosi eventi negativi esistenziali
- il facile accesso agli stupefacenti
In Italia il branco è costituito da gruppi di giovani annoiati che cercano di impegnare il tempo per potersi divertire. Contesti sociali e familiari multiproblematici, ma non necessariamente fasce socioculturali disagiate.
Il branco, attraverso azioni comuni violente, tenta di costruirsi e farsi attribuire dagli altri un’identità, anche se deviante. L’atto violento può avere lo scopo di cementare un gruppo povero di interscambi relazionali e che, grazie alla negatività emotiva ricevuta dall’esterno, si riconosce e si unisce affettivamente.
Nei meccanismi di dislocazione e di diffusione della responsabilità esiste la possibilità di non riconoscersi responsabile dell’azione commessa. È come se l’agire in gruppo esonerasse i minori dal considerarsi completamente colpevoli per quanto attuato.
I reati nascono in modo improvviso nella mente del gruppo, senza alcuna progettazione. L’agito del capo branco crea un riconoscimento implicito della gerarchia e assoggetta gli altri ragazzi, e così si incrementa il senso di appartenenza al gruppo e l’aggressività agita viene esagerata per risaltare la richiesta di adattamento-accettazione
Esiste un rapporto tra l’agito deviante e la difficoltà nel processo di definizione dell’identità e di inserimento sociale. L’atto aggressivo è un segnale di un ostacolo nella realizzazione dei compiti evolutivi, con l’obiettivo di eccitare, rinsaldare il legame con il gruppo e tentare di raggiungere un’immagine di sé adeguata
Questi ragazzi sono soggetti sociali a crescita bloccata che cercano nella dimensione di gruppo una delle soluzioni possibili. La necessità di ricorrere ad un agito per recuperare dallo stato di umiliazione e mortificazione narcisistica.
Il leader impone la propria condotta e la propria personalità, assolve al compito di testimoniare, a nome di tutto il gruppo, il bisogno di ricercare difese adeguate dalla comune sofferenza. Il leader usa e sottomette gli altri per la regolazione dell’autostima, che rappresenta il suo autentico bisogno emotivo
Bibliografia
- Biondo Daniele (2008), Fare gruppo con gli adolescenti, Milano, Franco Angeli
- Berretta Claudio (2013), BES e inclusione. Bisogni educativi “normalmente speciali”, Catania, Casa Editrice La tecnica della scuola